martedì 20 novembre 2012

"Quel gigantesco barattolo di Nutella..."



Come non ricordare Nanni Moretti che mangia la Nutella da un enorme barattolo, quanti di noi hanno sognato di essere al suo posto?
In questa famosa scena del film "Bianca" (1984) Moretti cerca consolazione ad un momento stressante mangiando la Nutella, il protagonista non riesce a riposare accanto alla donna di cui si è innamorato, sembra che non riesca a tollerare un momento di intimità, allora si alza e, nudo e disperato affronta il gigantesco barattolo di Nutella.
E' stata definita “fame nervosa” (eating emozionale) quella particolare situazione in cui le persone tendono a fronteggiare le emozioni con l’assunzione di cibo invece di riconoscerle come tali e cercare una strategia alternativa per affrontare le sensazioni e le situazioni stressanti. L’utilizzo del cibo, non come appagamento di necessità fisiologiche, ma come mezzo per far fronte alle emozioni, è un fenomeno che può interessare ogni individuo in qualsiasi momento della sua vita.
In genere si tratta di periodi in cui sono presenti stati emotivi spiacevoli, tipo ansia, rabbia e tristezza che la persona non riesce psicologicamente ad affrontare. Lo stato emotivo può dare adito a comportamenti alimentari che si protraggono per alcune ore o per pochi minuti. Può indurre il desiderio di un alimento specifico o può suscitare una spinta all'alimentarsi verso qualsiasi tipo di cibo. Diversi quindi possono essere gli stati emotivi legati al ricorso al cibo. Chi è colpito da fame nervosa quando è in ansia si tranquillizza ingerendo del cibo e gestendo in questo modo, sicuramente non efficace, l’irrequietezza, gratificandosi e tenendosi materialmente impegnato con un’attività priva di scopi utili in quel momento, che lo distrae e gratifica.
Chi ne soffre quando è triste per una perdita, una delusione un evento spiacevole tende a cercare una gratificazione compensatoria e di conforto nel cibo e nella sensazione di piacere e di “pienezza” che prova dopo aver mangiato.
Sembra che alimentarsi possa rappresentare anche un modo per "fronteggiare" la noia sia quella legata al non avere alcunché da fare, sia quella che insorge mentre si sta svolgendo un'attività poco interessante.

In alcuni casi anche la rabbia sia espressa che repressa, può essere collegata al ricorso al cibo. Il cibo può essere utilizzato come un modo per esprimere la propria rabbia verso gli altri o verso se stessi. All'aumento di peso che può conseguire dal ricorso al cibo come mezzo per "alleviare" il malessere interiore, può associarsi un senso di vergogna, di colpa, un calo dell'autostima, un senso di fallimento, che può rendere ancora più difficili i rapporti con se stessi e con gli altri, al punto da peggiorare poi proprio le situazioni spiacevoli che si voleva ridurre. A volte questo meccanismo si instaura nell'infanzia, a causa dell’utilizzo da parte della madre del cibo come risposta alle manifestazioni di emozioni spiacevoli di ogni tipo da parte del neonato e poi del bambino.

Somministrare degli alimenti ad un bambino che manifesta malessere, indipendentemente da quale sia questo malessere, per placarlo e tranquillizzarlo, può portare il bambino a pensare che l'atto del mangiare è la risposta alle sensazioni di disagio fisiche e psicologiche, con il rischio di farne un adulto soggetto ad attacchi di fame in presenza di stress ed emozioni spiacevoli.
Per questo motivo è importante che le madri non accorrano con la pappa appena i bambini emettano dei lamenti, ma che si sforzino di capire cosa sente il proprio piccolo senza trascurare il fatto che anche il bambino può provare del malessere psicologico e non solo fisico. Così facendo le madri insegnano anche ai propri bambini ad ascoltare ciò che provano e a non utilizzare il cibo come compensazione, valvola di scarico o surrogato.


Ma come possiamo affrontare questo rapporto conflittuale con il cibo?
Innanzitutto è importante partire dall'identificazione e riconoscimento delle emozioni che ci spingono verso il cibo. Per esempio: <<stai per "tuffarti" in una scatola di biscotti?Soffermati un attimo su come ti stai sentendo in quel momento e sui pensieri che stai facendo. Cosa viene fuori? Ti rendi conto che hai proprio fame o è qualcos'altro? >>
Un valido aiuto può essere il diario alimentare, sul quale segnare quando si mangia, cosa si mangia in quei frangenti e quali emozioni si provano prima, durante e dopo. In questo modo chi soffre di questo disagio può aumentare la propria auto-consapevolezza, comprendere meglio cosa gli sta accadendo, rintracciare un’eventuale regolarità nella cadenza degli attacchi e trovare strategie alternative per fronteggiare gli eventi "stressanti".
Come abbiamo visto gli stati emotivi legati all'assunzione di cibo possono essere vari: spesso le persone si alimentano per "alleviare" la noia associata a stimoli minori o all'assenza di essi. Per poter individuare la fame emotiva che insorge in concomitanza alla noia, si possono individuare i momenti, i luoghi e le attività che si stanno svolgendo quando essa si presenta e progettare delle attività alternative nei medesimi contesti o modificare l'ambiente in cui ci si trova, rendendo più difficile il ricorso al cibo. Altre volte si ricorre al cibo quando ci si sente ansiosi, in tal caso si può provare ad identificare i pensieri legati a particolari situazioni, perché è da tenere presente che spesso ci si sente ansiosi non per l'evento in sé ma per i pensieri disfunzionali che ci facciamo in relazione all'evento stesso (previsioni di un disastro imminente, visione catastrofica del futuro).
Una volta riconosciuti i pensieri disfunzionali il primo passo può essere quello di cercare delle strategie alternative e poi metterle in pratica per fronteggiare l'evento.
In alcuni casi, tutto questo può non essere sufficiente a fronteggiare il disagio che la persona prova e c'è bisogno di ricorrere all'aiuto di uno psicologo. 

2 commenti:

  1. ..il diario alimentare,.. non ci avevo mai pensato!!...da domani inizio!! però mi chiedo una cosa: ci sono periodi stressanti in cui il mio stomaco diventa un pozzo senza fondo ed inizio a mangiare qualsiasi cosa mi capiti sottomano... e se non ho nulla sottomano faccio cose assurde come: scendere alle 00 per andare a comprare un gelato...oppure cucinare alle 4 del mattino tortellini con la panna e prosc cotto... altri momenti in cui invece lo stomaco mi si chiude e mi capita di non mangiare anke per 2 o 3 giorni... insomma... il mio stomaco va a periodi... sono atipica?? Fab

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    1. Cara Fabiana, non sei assolutamente atipica, come hai detto tu nei periodi stressanti ti capita di mangiare qualsiasi cosa e di procurarti anche il cibo se non è a tua disposizione, invece ci sono periodi in cui lo stomaco ti si chiude, quindi proprio per questo può essere molto importante tenere il diario alimentare per aiutarti a capire quali sono i periodi e le emozioni legate a questi, che ti spingono a mangiare o a non mangiare e conseguentemente trovare un modo per gestire tutto ciò e trovare l'equilibrio giusto per te.

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